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Religione a scuola e mito della neutralità.

Quello della cosiddetta “ora” di religione (cattolica) è uno di quei temi che ciclicamente si
ripresenta, di solito con la riapertura delle scuole dopo le vacanze. Qualcuno si risveglia e si accorge
che lo Stato è laico, mentre la scuola no. O meglio, lo Stato dovrebbe essere laico, ma non lo è mai
stato (scusate il bisticcio) a causa del Concordato, sancito dall’Art. 7 della Costituzione, rivisto nel
1985, attraverso il quale il Vaticano ha potuto ritagliarsi un ampio spazio privilegiato nella scuola
pubblica, dalla scuola dell’infanzia fino alle secondarie, con insegnanti pagati dallo Stato che
svolgono tale insegnamento.
Una delle principali riviste specializzate rilancia la protesta di un maestro, il quale ribadisce
giustamente che i tempi sono cambiati, che la società e la scuola sono interculturali e interreligiose
e che la religione cattolica dovrebbe essere eliminata ma, si guardi bene, non va eliminata la
religione! Va invece sostituita con l’insegnamento di “storia delle religioni” fatto da “insegnanti di
qualità”.
A questo punto il sindacato degli insegnanti di religione sbotta, ribadendo che l’insegnamento di
religione non è catechesi, bensì insegnamento culturale inserito opportunamente in una cornice
interculturale di storia delle religioni. E qui la confusione sale al massimo come il termometro in
questa estate bollente.
Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza. Lo Stato italiano non è laico e nemmeno vuole esserlo. La
sua stessa ri-nascita nel dopoguerra, fondata sulla Costituzione, stabilisce che abbia un rapporto
privilegiato con lo Stato del Vaticano, e quindi con una religione cattolica che, sebbene formalmente
dal 1985 non sia più “di stato”, in pratica lo è ancora. L’abolizione del Concordato sarebbe
auspicabile ma è troppo coraggiosa, troppo costosa, e forse non sarebbe condivisa dalla
maggioranza degli italiani.
Per quanto riguarda l’insegnamento della religione cattolica nella scuola, se sia catechesi o solo
cultura religiosa, dipende moltissimo dalla persona dell’insegnante. Ci sono insegnanti molto
“catechisti” e insegnanti più “laici”, ma quello che è sbagliato è che l’Irc sia inserito nel curricolo e
che, pur essendo facoltativo, in realtà è offerto “di default”, è del sistema. Questo produce una serie
di ricadute a catena che provocano pesanti discriminazioni per tutti quegli alunni che non se ne
avvalgono e l’inserimento di fatto della religione cattolica nell’offerta formativa della scuola ne fa
una materia con cui, trasversalmente, si collegano tutte le altre discipline .
Tutto ciò, secondo il maestro, dovrebbe essere sostituito da un insegnamento di “storia delle
religioni” fatto da “insegnanti di qualità”. Questo presuppone primo, che la storia delle religioni sia
una disciplina con un suo statuto pedagogico specifico e diverso da quello della “storia”, cosa che in
effetti non è. A scuola c’è già la storia, e questa disciplina contiene in sé anche la storia delle
religioni. La scuola dell’obbligo non è una università, e non si richiede una specializzazione
disciplinare come quelle dei corsi di laurea. Secondo, gli insegnanti di Irc non sarebbero “di
qualità”, critica ingenerosa e gratuita, perché ci sono molti insegnanti di religione bravi e preparati
(e comunque di insegnanti scarsi ce ne sono di ogni materia). Ma forse, con “insegnanti di qualità”,
si voleva intendere insegnanti neutrali, imparziali e oggettivi. E questo è uno di quei miti difficili a
sradicare, ma è pur sempre un mito. Perché gli insegnanti, ogni insegnante è una persona, e come
ogni persona ha una coscienza che aderisce a una visione del mondo, della vita e di ciò che sono i
valori più importanti. E poiché la religione è una faccenda di coscienza, non esiste neutralità. Ma
non solo, nemmeno la storia può essere insegnata in modo neutrale. In realtà nessuna disciplina è
neutrale, nemmeno la matematica e la fisica lo sono, per il semplice fatto che ogni conoscenza
dell’oggetto è mediata e ricevuta da un soggetto. Questa ormai consolidata acquisizione della
scienza, sembra essere bellamente ignorata nella cultura scolastica.
Ma tornando alla storia delle religioni, credo che nessuno che aderisca (non formalmente) a una
religione sarebbe contento che la storia della sua religione fosse impartita da qualcuno che non vi
aderisce! Forse si dà per scontato che l’appartenenza religiosa sia qualcosa di superficiale, di
“culturale”, di tradizionale… e quindi tutti potrebbero acquisirne competenza anche senza aderirvi.
Invece non è così, per comprendere adeguatamente una religione e la sua storia, è necessario farlo
dal di dentro, altrimenti si perde il fondamentale di quell’oggetto.
Non sarebbe diverso, collocare l’Irc fuori dal curricolo ordinario e in orario extra scolastico, così la
religione sarebbe davvero facoltativa, e il suo approfondimento potrebbe avvenire nelle sedi
opportune, cioè la famiglia e le comunità religiose? Ma come ogni anno si ripresenta il problema,
così ogni anno il problema viene rimosso, in modo il più possibile indolore, travolto dal turbinio
delle direttive per l’avvio del nuovo anno scolastico.
Ci risentiremo il prossimo anno.

 

Comitato Insegnanti Evangelici Italiani – 18 agosto 2022