
Indicazioni Nazionali: Bibbia e scuola.
- Posted by Insegnanti Evangelici
- Categories Articoli, Articoli e documenti
- Date Ottobre 30, 2025
Il nuovo anno scolastico è iniziato da un mese o poco più e non ha registrato, finora, grandi novità. L’attesa delle nuove indicazioni per la scuola d’infanzia e il primo ciclo, annunciate dal Ministro Valditara, si colora di reazioni, commenti e anticipazioni, ma le bozze sono ancora oggetto di discussione pubblica, e in particolare con il Consiglio di Stato, che ha sollevato diversi rilievi e attende le risposte del Ministro.
Mentre una valutazione complessiva si potrà fare a lavori ultimati, qualcosa si può già dire, come contributo particolare a una riflessione che dovrebbe essere il più possibile ampia e condivisa alle parti sociali.
Una delle novità anticipate e che ha già suscitato reazioni di segno opposto è l’introduzione della Bibbia tra i testi di riferimento per la riscoperta delle radici culturali dell’Europa e dell’Italia. L’introduzione di un testo di natura specificamente religiosa risponde alla diffusa preoccupazione per l’analfabetismo religioso riscontrabile nella nostra società secolarizzata.
E questo nonostante che in Italia sia già presente e da lunghissimo tempo l’istruzione religiosa a scuola. La famosa “ora di religione” comincia alla scuola dell’infanzia e finisce alla secondaria di secondo grado. Aggiungere la lettura di qualche pagina dalla Bibbia alle attività scolastiche non sembra aggiungere gran che a quello che già si sta facendo.
Più realisticamente, ciò che dovrebbe preoccupare è l’analfabetismo funzionale in generale, che rimanda alla scarsa efficacia dei processi formativi della scuola, oltre al diffuso malessere delle nuove generazioni, come emerge dalle ricerche e dall’esperienza quotidiana dei docenti.
Inoltre, equiparare la Bibbia ad altri testi epici e storici dell’antichità non corrisponde ad un’autentica ricezione del significato del testo biblico. Per comprendere il significato della Bibbia bisogna riceverla secondo i canoni degli autori ispirati, cioè come Parola di Dio. Ma fare questo esula dai compiti della scuola e anche della categoria docente. Senza le giuste categorie, la lettura della Bibbia rischia di essere banalizzata e depotenziata, e il suo messaggio svilito e distorto, finendo per rientrare in un ulteriore ed ennesimo adempimento burocratico.
L’istituzione scolastica statale, essendo laica, non ha le competenze né l’autorità per trattare temi religiosi a partire dalle proprie categorie culturali. Ma se proprio si volesse conoscere la Bibbia in un modo migliore, ci si potrebbe affidare a progetti esterni, elaborati da comunità di fede che sappiano interpretare i valori biblici nella loro vita quotidiana e che diano garanzie di serietà e competenza.
Infine, bisogna anche aggiungere che la scuola statale, dichiarando di essere inclusiva, dovrebbe accogliere, in tutta la portata e l’estensione della parola, i bambini e i giovani di ogni religione e cultura, non usando la Bibbia come strumento di una politica respingente e discriminante, ma lasciando a ogni bambino e bambina, ragazzo e ragazza, la possibilità di esprimere i valori in cui si riconosce, nella libertà e nel reciproco rispetto. Questo dovrebbe essere uno dei compiti principali della formazione scolastica: la pratica dell’ascolto reciproco, dell’accoglienza della diversità, dei limiti della libertà, che finisce dove comincia quella altrui, unitamente alla distinzione dei ruoli educativi di scuola e famiglia.
Le famiglie e le comunità di riferimento sono il giusto contesto in cui incoraggiare a leggere i testi che si considerano importanti per un’autentica alfabetizzazione ai valori religiosi che si professano.
Lidia Goldoni – Comitato Insegnanti Evangelici Italiani – ottobre 2025
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