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Il CIEI sulla cultura civica.

Spettabile Redazione di Critica Liberale,
abbiamo ricevuto e considerato con interesse la vostra proposta, sottoscritta già da numerosi intellettuali e personalità, di promuovere l’introduzione di un insegnamento specifico di “cultura civica” nella scuola pubblica. La vostra iniziativa è molto significativa e non volevamo lasciarla “passare” senza esprimervi la nostra opinione al riguardo.
Concordiamo pienamente con la vostra analisi della situazione, che segnala una grave crisi morale e politica, istituzionale e sociale, di cui le nuove generazioni stanno già pagando il prezzo. Anche noi ravvisiamo nella scuola pubblica “una delle istituzioni cui compete dare attuazione all’imperativo costituzionale di rimuovere gli ostacoli culturali e sociali che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini”, siamo anche convinti che l’educazione civica sia di fondamentale importanza per dare attuazione a questo articolo della Costituzione, e in generale per concorrere a fondare le forme di pacifica convivenza sociale.
Queste comuni premesse tuttavia non ci portano ad aderire alla vostra proposta, la quale, pur essendo valida, non ci convince per una serie di motivi attinenti la natura stessa della “cultura civica” e il contesto della sua acquisizione.
Questa cultura, necessaria per l’esercizio della sovranità popolare, ha le sue radici (come voi avete scritto) nella “consapevole partecipazione dei giovani alla vita civile e democratica”, nello “spirito di solidarietà”, nella “comprensione delle esigenze di una società sempre più pluralistica e il valore delle diversità”, nella “convinzione che diritti umani e democrazia non sono mai conquiste acquisite una volta per tutte…”. Ebbene, tutte queste sacrosante virtù, che possono e devono essere insegnate nella scuola, appartengono però a quel genere di apprendimenti che si acquisiscono soprattutto dall’esempio, per via “osservativa”. Sono atteggiamenti che si imparano vivendo in un ambiente permeato di tali valori e nei primi anni di vita. Crediamo che il contesto principale per l’apprendimento della cultura civica sia la famiglia, perché se un ragazzo non è stimato in casa sua e non percepisce la stima fra i membri della famiglia, come potrà desiderare di partecipare attivamente alla vita famigliare, e poi sociale? Se il genitore gli trasmette disprezzo per i “diversi”, gli si potrà far cambiare idea sulle diversità? Se sono abituati a evadere il fisco, a gettare la spazzatura nella tromba delle scale, a farsi largo a sgomitate… fino a che punto un insegnamento formale di cultura civica potrà incidere per modificare tali atteggiamenti?
La scuola certo può rinforzare questi valori, ma non li può infondere se la famiglia è assente, o peggio, mal-educante. Per questo crediamo che sia urgente intervenire con politiche famigliari più incisive e mirate alla salvaguardia di questa istituzione, anche se purtroppo non vediamo segnali in questo senso da parte della classe politica.
Inoltre, la natura stessa della cultura civica, come insieme di atteggiamenti e valori pervasivi e comuni a tutta la cultura, a tutte le varie discipline, ci sembra indicare maggiormente la strada di una disciplina trasversale, di una consapevolezza che maturi nella professionalità di ogni docente, e non di uno solo specializzato. Perciò crediamo sarebbe utile intervenire sulla prima formazione e sulla formazione continua dei docenti, nonché su efficaci forme di selezione e valutazione delle competenze necessarie per accedere alla professione.
Infine la scuola, che negli ultimi anni è stata appesantita e frastornata da miriadi di progetti e progettini, nuove materie ed “educazioni”, mutilata da riforme incompiute e devastatrici, privata di risorse, e che ora sembra fatta oggetto di aspettative esagerate (come se da essa dipendessero le sorti del pianeta), forse ha bisogno di un po’ di pace e
di tranquillità. La percezione di instabilità e il continuo cambiamento non favoriscono un buon clima di apprendimento, al contrario, aumentano il senso della futilità e della provvisorietà.
Certo non siamo contenti che si facciano paladini della morale pubblica gli insegnanti di religione cattolica, ma crediamo che la strada debba andare comunque nel senso della semplificazione e della chiarezza pedagogica, non dell’aggiunta di nuove materie, nel senso dell’individuazione di saperi propedeutici e fondamentali, che facciano riferimento a un nucleo di valori fondanti, che potrebbero certamente, secondo noi, essere costituiti da una cultura civica fondata sulla Carta costituzionale.

Comitato Insegnanti Evangelici Italiani –