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Educazione e obiettivi di sviluppo del millennio: un approccio critico.

Save the Children Italia, in collaborazione con l’Istituto Regionale Ricerca Educativa (IRRE) della
Lombardia e del Lazio e il supporto delle Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università degli
Studi di Milano Bicocca e dell’Università degli Studi Roma Tre, lo scorso 5 novembre hanno dato il
via al progetto di Ricerca-Azione su EDUCAZIONE E OBIETTIVI DEL MILLENNIO.
Il programma prevede tre momenti diversi per un ciclo triennale di lavoro: un anno di conferenze
aperte alla comunità accademica, per dialogare sulle sfide proposte dai MDG (Millennium
Development Goals); un secondo anno durante il quale gli esperti guideranno i docenti nella
progettazione e produzione di materiali didattici inerenti alle tematiche affrontate nelle conferenze
del I anno; infine un terzo anno di sperimentazione con gli studenti nelle scuole di Milano e Roma.
L‟obiettivo ultimo è infatti introdurre nel curricolo della scuola secondaria di II grado le tematiche
inerenti i MDG attraverso l‟utilizzo di Nuove Tecnologie Digitali e un approccio pedagogico centrato
sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza.
Il ciclo di conferenze si è aperto presso l‟Università di Milano Bicocca, definendo in partenza
l‟approccio critico del lavoro che il gruppo di ricerca intende condurre.
EDUCAZIONE E OBIETTIVI DI SVILUPPO DEL MILLENNIO: UN APPROCCIO CRITICO, è stato il
titolo della relazione condotta dal Prof. Peter Mayo, docente di sociologia dell’educazione
all’Università di Malta. Dopo una breve presentazione degli 8 Millennium Goals, i quali orientano
l‟impegno delle comunità internazionali e delle ONG verso lo sviluppo sostenibile, Mayo ha
sottolineato la necessità di un approccio educativo anti-neoliberista.
Si tratta di un approccio che, da una parte, sia in grado di affrontare in modo critico la
globalizzazione “dall‟alto” e di utilizzarne gli strumenti, scardinandone gli obiettivi, dall‟altra porti
alla diffusione di una globalizzazione “dal basso”, nella quale l‟educazione non sia una merce di
consumo ma un bene pubblico, e la politica non sia improntata alla repressione e alla
„carcerizzazione‟.
Tutto ciò comporta l‟elaborazione di politiche educative che ripensino l‟economia, la storia, la
stessa cultura in senso post-coloniale, contro-egemonico e non euro-centrato. Tale prospettiva dà
risalto, oltre che alla scuola, al lavoro condotto dai movimenti sociali e dalle ONG, le quali
contribuiscono a un discorso educativo alternativo.
Il Prof. Mayo ha introdotto un secondo momento di dibattito, incoraggiando i presenti a
considerare quali potrebbero essere le priorità o gli obiettivi specifici nel contesto italiano.
Nel clima piuttosto appesantito dalla complessità delle numerose questioni aperte, sono state
sottolineate almeno tre problematiche: i finanziamenti alle ONG, i quali spesso legano l‟azione
educativa a specifiche politiche d‟intervento, inefficaci o contraddittorie; la mancanza di spazi di
comunicazione (il giornalismo, considerato dallo stesso Mayo un prezioso strumento educativo,
limita lo spazio reale per la formazione di una diffusa consapevolezza sulle questioni urgenti);
infine l‟utilizzo della tecnologia Internet che, pur essendo il luogo più fertile per la diffusione di un
messaggio educativo alternativo, è fruita soltanto dall‟élite che di tali problemi si occupa.
Desiderando mantenere costantemente aperta la propria prospettiva anche sulle problematiche
internazionali, il Ciei ha potuto contribuire al dibattito attraverso un intervento teso a evidenziare
più che i problemi, alcune possibili risposte ad essi. Crediamo che lo sguardo locale e quello
sovranazionale debbano continuamente richiamarsi, in quanto le priorità culturali e le strategie
politiche variano da nazione a nazione.
La priorità per l’Italia in tale materia potrebbe essere quella di elaborare e promuovere il pluralismo
come progetto politico e educativo. In senso strutturale, crediamo sia necessario che le nozioni di
potere, autorità e responsabilità siano ripensate in senso antiaccentratore e che le relative pratiche
vadano distribuite (diffuse) tra i vari ambiti della società. Tale visione, ad esempio, limita la
decisionalità del governo nelle sfere e negli ambiti che non sono di sua competenza, lasciando
spazio alla riacquisizione degli specifici ruoli da parte dei corpi intermedi, come i cittadini, le
famiglie, le comunità, le istituzioni scolastiche. Inoltre, il pluralismo confessionale garantirebbe
pubblicamente la tutela delle pluralità esistenti, creando spazi di relazione e comunicazione
paritaria tra le diverse fedi e visioni del mondo sugli argomenti in questione. La ricchezza del
confronto tra prospettive differenti sulle sfide poste dagli Obiettivi del Millennio, crediamo sia lo
strumento essenziale per la costruzione di un‟etica che sappia orientare realmente tali sfide. Una
simile visione evidentemente deve essere promossa ad ogni livello, confermata e agevolata da
un‟azione politica corrispondente.
L‟intervento, che ha suscitato l‟interesse degli organizzatori, è stato considerato di possibile
rilevanza in vista della seconda fase di progettazione.

Comitato Insegnanti Evangelici Italiani – Lucia Stelluti – 5 novembre 2007